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Al Cinema per il Cinema con Cineuropa

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Al Cinema per il Cinema con Cineuropa: e gli auguri pià fervidi di Buone Feste


A Natale i cine-panettone si sprecano, ce n'è per tutti i gusti, anche se quasi tutti uguali, uno meno peggio degli altri, che tuttavia riescono a estorcere una qualche risata. Per quanto il vero Cinema sia un'altra cosa, vanno apprezzati per le tante maestranze cui danno lavoro e alle quali NOI TUTTI dobbiamo augurare quel certo 'successo' che da/darà loro ulteriori possibilità di impiego. Ad esse rivolgo i miei più sentiti auguri per il Santo Natale e un Felice / migliore Anno Nuovo.

Auguro inoltre a Gianfranco Rosi che qui vediamo nella foto di gustarsi il meritato successo ottenuto dal suo 'capolavoro' FUOCOAMMARE mentre ritira il suo EFA al miglior documentario.

EUROPEAN FILM AWARDS 2016 Italia
Fuocoammare è il miglior documentario europeo agli EFA
di Camillo De Marco
12/12/2016 - Ancora una vittoria per il film di Gianfranco Rosi, appena entrato nella shortlist per l’Oscar. Sul dramma degli immigrati: “Europa, qual è la nostra posizione?”
“Viviamo in un mondo in cui erigiamo barriere, ci sono voci di violenza e intolleranza contro gli immigranti e in cui i nostri Paesi dimenticano i loro doveri”. Gianfranco Rosi riceve nella città polacca di Wroclaw il premio per il miglior documentario al suo Fuocoammare [+], alla 29ma edizione degli European Film Awards (leggi la news), proprio il giorno in cui si celebra la Giornata mondiale dei diritti umani. “C’è un momento, in Fuocoammare - continua commosso - in cui si sente il grido degli immigrati provenire dalle onde. ‘Dove siete, qual è la vostra posizione?’, chiede loro la Guardia Costiera: ecco, dovremmo iniziare a chiedere a noi stessi, a noi Europa, qual è la nostra posizione?”.
Rosi ricorda che quello di Fuocoammare è stato un viaggio lungo, iniziato a febbraio con l’Orso d’Oro alla Berlinale. Poi ci sono stati numerosi festival in giro per il mondo: Telluride, Toronto, New York, Sydney. Venerdì scorso a Los Angeles ha vinto il premio per la miglior fotografia dell’International Documentary Association. L’ultima tappa sono gli Oscar. Questa settimana Rosi farà ritorno negli Stati Uniti per seguire la candidatura del suo film, già entrato nella shortlist dei 15 documentari in lizza per la cinquina finale e in attesa di sapere, il prossimo 24 gennaio, se sarà inserito nella shortlist dei migliori film in lingua straniera.
Stamattina è arrivato il plauso dell’ANICA, l’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive. Il presidente Francesco Rutelli, dopo aver avuto una calorosa conversazione con Gianfranco Rosi in cui si è congratulato per la vittoria, dichiara: "Un'altra tappa per affermare la ricchezza di una narrazione italiana che ha pochi confronti internazionali. Realtà e cinema, coraggio e originalità: Rosi propone una cifra preziosa che si sta affermando nel mondo”.
Prodotto da 21uno Film, Stemal Entertainment, Istituto Luce Cinecittà, Rai Cinema, Les Films d'Ici, con il contributo del MiBACT e Arte France Cinéma, Fuocoammare è venduto da Doc & Film International.


CINÉMAMED 2016 Premi

Fiore di Claudio Giovannesi Grand Prix del Festival Mediterraneo di Bruxelles
di Aurore Engelen
12/12/2016 - La giuria ha anche premiato Tramontane del regista libanese di origine armena Vatche Boulghourjian
Per la sua 16a edizione, la giuria del Festival del Cinema Mediterraneo di Bruxelles, presieduta dal regista belga Olivier Masset-Depasse, ha scelto di consacrare Fiore [+], quarto lungometraggio del regista italiano Claudio Giovannesi, un film forte e pudico su una storia d’amore impossibile tra due detenuti in un carcere minorile. La giuria ha anche premiato Tramontane [+] del regista libanese di origine armena Vatche Boulghourjian, traiettoria commovente di un giovane cantante cieco che percorre il Libano attuale in cerca delle sue origini. Scoperto alla Semaine de la Critique a Cannes, il film ha ricevuto di recente il Premio della miglior scoperta al Festival di Namur. La giuria ha inoltre attribuito una menzione al film israeliano One Week and a Day di Asaph Polonsky.
La giuria giovane e la giuria Cineuropa hanno invece scelto di premiare un’opera prima, Park [+] di Sofia Exarchou, che esplora, dieci anni dopo le Olimpiadi, il sito del villaggio olimpico, teatro di rovine frequentato da giovani nullafacenti e atleti in pensione. Park aveva già ricevuto il Premio dell’opera prima a San Sebastian.
Va al regista egiziano Mohamed Diab (Les Femmes du bus 678) il Premio della critica per Clash [+], suo sconvolgente film sulla rivoluzione egiziana e le conseguenze della destituzione di Mohamed Morsi. Il film segue l’arresto di una decina di militanti di origini e convinzioni diverse, costretti a dialogare per uscirne. La pellicola aveva aperto la sezione Un certain regard a Cannes.
Infine, è Tour de France [+], secondo film di Rachid Djaïdani (Rengaine [+]), che scruta l’incontro atipico tra Gérard Depardieu e il rapper Sadek, ad essersi aggiudicato il favore del pubblico.
Il palmarès:
Grand Prix
Fiore [+] - Claudio Giovannesi (Italia)
Premio della giuria
Tramontane [+] - Vatche Boulghourjian (Libano/Francia/Qatar/Emirati Arabi Uniti)
Menzione speciale della Giuria
One Week and a Day - Asaph Polonsky (Israele)
Premio della giuria giovane
Park [+] - Sofia Exarchou (Grecia/Polonia)
Premio della critica
Clash [+] - Mohamed Diab (Egitto/Francia)
Premio Cineuropa
Park - Sofia Exarchou
Premio del pubblico
Tour de France [+] - Rachid Djaïdani (Francia)

LES ARCS 2016 Industria

Il Lab Project Award di Eurimages a Les Arcs per The Hidden City
di Fabien Lemercier
13/12/2016 - Il terzo lungometraggio dello spagnolo Víctor Moreno vince al Work-in-Progress e il progetto di Daniel Sandu si aggiudica il Premio Arte dello sviluppo
La finestra professionale dell’8° Festival del Cinema Europeo di Les Arcs ha distribuito lunedì sera tre riconoscimenti. Due di questi, assegnati da una giuria che includeva il cineasta francese Bertrand Bonello, sono andati a film di un Work-in-progress giudicato all’unanimità di alto livello, con 16 concorrenti dagli stili molto eclettici. Il Lab Project Award, dotato da Eurimages di 50 000 euro cash, ha ricompensato The Hidden City (La Ciudad Oculta), terzo lungometraggio dello spagnolo Víctor Moreno dopo Holidays e The Building (nominato al Goya 2015 del miglior documentario). Attualmente in fase di riprese, questo documentario con un approccio fantascientifico è prodotto da El Viaje Films e coprodotto dalla società francese Pomme Hurlante Films. Il film esplora il mondo sotterraneo della città moderna: labirinto di gallerie, tunnel, sistemi di fornitura di luce, acqua, gas e telefono, di reti di trasporto e di stazioni della metro... Uno spazio funzionale ed essenziale che è anche il riflesso dell’inconscio della città, e un film le cui due sequenze proiettate a Les Arcs promettono un viaggio letteralmente ipnotico nelle profondità dell’urbano.
Sempre al Work-in-progress, il Premio Hiventy (dotato di 10 000 euro in servizi di post-produzione) è andato a un altro progetto documentario: Good Luck di Ben Russsel che si immerge nell’universo di due miniere, una di Stato in Serbia, l’altra illegale nel Suriname. Questo terzo lungometraggio del regista americano apprezzato per Let Each One Go Where He May (in competizione a Rotterdam nel 2010) e per il pluripremiato A Spell to Ward off the Darkness [+] (co-diretto con Ben Rivers - passato per Locarno) è guidato dalla struttura parigina Kinoelektron e coprodotto dai tedeschi di CaSK Films.
Da notare, tra gli altri film presentati al Work-in-Progress, l’ottima accoglienza per The Real Estate del duo svedese Mans Mansson - Axel Petersen, per Dovlatov del russo Alexey German Jr e per la produzione britannico-francese I Am Not A Witch della zambiana Rungano Nyoni, senza dimenticare i promettenti estratti di My Happy Family della georgiana Nana Ekvtimishvili e del tedesco Simon Gross, e le opere prime Hier (Yesterday) dell’ungherese Balint Kenyeres e The Gulf del turco Emre Yerksan. Si segnalano inoltre l’intrigante Koko-Di Koko-da dello svedese Johannes Nyholm e il prossimo film senza titolo dello sloveno Olmo Omerzu.
Attribuito a uno dei 20 progetti del Villaggio delle Coproduzioni, il Premio Arte International è andato a The Father who Moved Mountains del rumeno Daniel Sandu (il suo primo lungometraggio, One Step Behind the Seraphim, è attualmente in post-produzione - leggi la news), un progetto guidato da Mobra Films. La sceneggiatura è incentrata su un cinquantenne, ex agente dei servizi segreti, che viene a sapere della scomparsa in montagna di suo figlio, avuto da un matrimonio precedente. Si lancia allora alla sua ricerca, un’indagine determinata e sempre più ostinata, che si scontra con l’opposizione degli uomini e della natura.

"L'apertura delle frontiere tra realtà, immaginazione e sogni"
Caroline Deruas • Regista
di Fabien Lemercier
12/12/2016 - Incontro con Caroline Deruas per parlare de L'Indomptée, in competizione al Festival del Cinema Europeo di Les Arcs
Presentato a Locarno nella sezione Cineasti del presente, e in competizione questa settimana all'8° Festival del Cinema Europeo di Les Arcs, L'Indomptée [+] (che uscirà in Francia il 1° febbraio tramite Les Films du Losange) è l'opera prima da regista di Caroline Deruas, che ha anche partecipato alla scrittura delle sceneggiature degli ultimi quattro film di Philippe Garrel. Il suo progetto di secondo film, Sad Liza (prodotto da Les Films de la Capitaine) era anch'esso presente a Les Arcs, nella selezione del Village des Coproductions.
Cineuropa: L'Indomptée è ambientato a Villa Medici a Roma dove lei ha alloggiato. Quando è nata esattamente l'idea del film?
Caroline Deruas: Durante la mia residenza. Inizialmente, ero venuta a scrivere un progetto di film sulla scrittrice italiana Elsa Morante, ma è un processo lungo per il quale preferisco prendermi il mio tempo. Avevo una fissazione per Villa Medici, da oltre 15 anni sognavo di risiedervi. Dopo aver finalmente superato il concorso, arrivandovi, mi sono detta che non mi sarei fermata lì. Il mio rapporto con questo posto era ossessivo, quasi d'amore, e volevo vivere qualcosa di più forte con questo luogo. Perché non un film? Ho iniziato a scrivere di queste presenze spettrali che mi affascinavano, come quella del cardinale de' Medici. Poi ho fatto qualche ricerca e in un primo momento ho immaginato un film su Lucienne Heuvelmans, la prima donna residente a Villa Medici nel 1911. Ma a poco a poco, inserivo moltissime cose nel progetto. È un cliché per un'opera prima, ma volevo sperimentare molte cose diverse nello stesso film. Ben presto, ho pensato che fosse molto pericoloso e che sarebbe forse diventato un minestrone indigesto. Ma poteva anche essere la sfida del film: viaggiare per tutti questi mondi, oltrepassando le frontiere tra realtà, fantasia e sogni.
Sebbene l'atemporalità del luogo immerga rapidamente il film in un universo onirico, la superficie della trama è la quotidianità delle persone creative al lavoro.
C'è in effetti quest'inizio sulla terra, questa vita intima di Camille (ndr. interpretata da Clotilde Hesme), il personaggio principale che arriva con il marito. È una giovane scrittrice un po' alla ricerca del suo spazio, della sua dimensione. E suo marito, che è uno scrittore ben più noto, è allo stesso tempo una presenza un po' opprimente per lei ed un modello. Mi piaceva rappresentare questo lato laborioso, anche se non è glamour, per mostrare ciò che può essere la bellezza della fantasia umana, con cui si può andare così lontano da diventare incontrollabile, se ci si proietta troppo in là. Forse soprattutto in luoghi come Villa Medici, dove vorremmo diventare i nostri personaggi, poiché sono molto più liberi di noi, più eroici di noi. Volevo rappresentare questi due aspetti e che la scrittrice si proiettasse in questa fotografa (ndr. interpretata da Jenna Thiam) che ha un rapporto molto più libero con la propria arte, molto diretto, e che per Camille è una sorta di incarnazione ideale dell'artista.
Un'opera prima, un film che mescola i generi fino al fantastico, e le riprese in Italia. La produzione del film non dev'essere stata facile.
È stata molto complessa. Villa Medici faceva piuttosto paura con il suo aspetto elitario. Mi ha salvato Arte France Cinéma. A cui poi ha fatto seguito Ciné+, e si sono aggiunti dei micro-finanziamenti. E ho avuto la straordinaria fortuna di imbattermi in Eric de Chassey, un direttore di Villa Medici che ha davvero aperto le porte di questo posto, ridandogli vita. Ad esempio, non volevo di certo far leggere la mia sceneggiatura per sentirmi libera, e lui ha accettato, cosa non così facile per lui. E ho potuto girare gratuitamente, in quanto ex residente.
Di cosa parla il suo nuovo progetto, Sad Liza?
È una storia che mi è successa durante la mia adolescenza. L'anno degli esami ho perso la mia migliore amica. Avevamo 17 anni, abitavamo nel sud della Francia, ed era un periodo in cui eravamo molto ingenue, piene di sogni, proiettate nel futuro: andare a Parigi, fare film per me, fare danza per lei, fare l'amore per la prima volta con un ragazzo... Era tutto molto allegro e quando ha perso la vita, mi sono sentita molto sola e in colpa perché avevo il diritto di vivere, e lei invece no. Il film parla di quest'ode all'adolescenza, di questa gioia, e per la parte più drammatica, farò appello alla dimensione onirica.

"C’è un linguaggio oltre la parola, e il cinema è fatto per questo"

Lidia Terki • Regista
di Diana Dumitrescu
09/12/2016 - L’algerina Lidia Terki, il cui Paris La Blanche ha avuto la sua prima al Black Nights International Film Festival, parla con Nisimazine del linguaggio universale del cinema
La regista algerina Lidia Terki, il cui Paris La Blanche [+] - un film che tratta dell’impatto dell’immigrazione e l’importanza della famiglia – ha avuto la sua première nella competizione opere prime del Black Nights International Film Festival di Tallinn, parla con Nisimazine del suo legame con la storia del film, il linguaggio universale del cinema e il suo percorso per diventare regista.
Nisimazine: Quanto c’è di personale nella storia di Paris La Blanche?
Lidia Terki: Non ho un legame con la storia in sé, ma credo che ogni film sia legato al suo autore in un modo o nell'altro. Paris La Blanche è una storia di amore, umanità e identità. Sono nata in Algeria da padre algerino, ma vivo in Francia da quando ero piccola. Anche se è vero che gran parte della mia famiglia è algerina, la conosco appena e non parlo la lingua. E' molto strano se ci pensi. Non credo che quando si lascia il proprio paese, la propria cultura, i propri genitori o i propri figli si provino sentimenti positivi, anche se lo fai con la speranza di un futuro migliore.
Rekia è un personaggio molto forte che non ha bisogno di parlare per esprimere le proprie emozioni. E’ stato difficile guidare l’attrice verso una performance così sottile?
Tendo a credere che ci sia un linguaggio oltre la parola, qualcosa di sottile e istintivo, che non ha bisogno di discorsi per esprimersi e che può essere compreso da chiunque, indipendentemente dalla cultura. Il cinema è fatto per questo tipo di linguaggio. Attraverso di esso, è possibile concentrarsi su piccoli momenti che trasmettono un'idea, un'impressione o vari gradi di emozione. Il montaggio è il momento in cui è possibile aggiungere poche immagini extra che contengono questo linguaggio, che ha un impatto su di noi senza che ce ne rendiamo conto.
Per me, più è istintiva la recitazione, più è emotivamente espressiva. Ho notato che, molto spesso, ho semplicemente dovuto abbassare un po’ il ritmo. Una volta che il ritmo è impostato – ed è molto strano perché non riesco a spiegare perché quello sia il ritmo giusto per me – tutto avviene naturalmente con la recitazione.
Lei ha esperienza di lavoro in diversi settori della produzione cinematografica. Quando ha deciso di diventare una regista? Aveva considerato altri lavori prima di entrare nel cinema?
Quando avevo circa 12 anni, ho cominciato a capire che dietro un film c'era un regista, e ho realizzato che avrei potuto diventarne una. Questa idea non mi ha mai veramente abbandonata, ma non c'erano molte registe donne in giro. Ho fatto molti lavori diversi, ed erano solo modi per avvicinarmi al cinema, per capire cosa fosse un punto di vista e per affinare il mio punto di vista. Non potevo frequentare una scuola di cinema. Ho imparato strada facendo, dal primo momento in cui sono entrata nel cinema. Ho iniziato nel campo della scenografia che, per esempio, mi ha insegnato che cosa fosse un frame. Ho fatto un sacco di lavori in diverse case di produzione che mi hanno aiutato ad avvicinarmi alla cinepresa.
Ha qualche progetto in cantiere?
Sì, diversi, ma non so ancora cosa sarà fatto e come. E' rischioso ed esaltante allo stesso tempo, perché mi interrogo continuamente su ogni progetto. Ho un sacco di archivi personali, quindi dovrò farne qualcosa un giorno.
FESTIVAL Italia

Il Noir in Festival ricomincia da Milano e Como
di Camillo De Marco
01/12/2016 - Dall’8 al 14 dicembre la 26ma edizione della rassegna trasferitasi da Courmayeur: Raymond Chandler Award a Roberto Saviano e anteprime mondiali
“Un ambizioso numero zero” lo definisce Giorgio Gosetti, direttore artistico con Marina Fabbri del Noir in Festival, che si trasferisce da Courmayeur a Como e Milano in questa 26ma edizione che si tiene dall’8 al 14 dicembre. Fabbri parla di “rapporto esaurito” con la città che ha ospitato la rassegna per molti anni e Gosetti indica come motore propulsivo della nuova location la collaborazione con la IULM, l’università privata milanese di lingue e comunicazione. “Per la prima volta un festival internazionale ha sede in un campus universitario” sottolinea Gianni Canova, critico e docente di Storia del cinema.
Dopo un’anteprima d’eccezione il 7 dicembre per la consegna del Raymond Chandler Award a Roberto Saviano (da pochi giorni in libreria con il suo ultimo libro "La paranza dei bambini"), il festival aprirà il concorso con otto film, cui si aggiungono, due anteprime mondiali fuori concorso, serie tv, retrospettive e quindici scrittori protagonisti delle conversazioni quotidiane.
Oltre all’italiano Il permesso, 48 ore fuori di Claudio Amendola con la sceneggiatura di Giancarlo De Cataldo, gareggiano in concorso Wulu [+] di Daouda Coulibaly, una sorta di Scarface africano; The Oath [+], il nuovo film dell’islandese Baltasar Kormákur che torna in patria dopo la coproduzione internazionale Everest [+]; Iris [+], quarto lungometraggio dell’attore e regista francese Jalil Lespert (Yves Saint Laurent [+]), remake di Chaos del giapponese Hideo Nakata con Romain Duris e Charlotte Le Bon; El hombre de las mil caras [+] thriller politico ispirato a fatti reali del sivigliano Alberto Rodríguez; il film argentino La larga noche de Francisco Sanctis, diretto da Francisco Márquez e Andrea Testa; Blood Father [+] del francese Jean-François Richet con protagonista Mel Gibson e infine Three del maestro dell’action thriller di Hong Kong Johnnie To, già premiato al Noir per Vendicami. Completano il programma due anteprime mondiali fuori concorso come Un sac de billes [+] di Christian Duguay (Belle e Sebastien 2 L'avventura continua [+]) e il titolo che chiuderà il festival, Collateral Beauty di David Frankel (Il diavolo veste Prada) con Will Smith, Edward Norton, Keira Knightley e Kate Winslet.
Gli omaggi saranno a Dario Argento con l’edizione integrale restaurata di 4 mosche di velluto grigio; a Fritz Lang con il film a lui dedicato di Godron Maugg; a Paul Schrader e Jacques Toruneur con le due rispettive versioni de Il bacio della pantera. Uno sguardo alle serie tv noir di successo con Sky Atlantic: Le Bureau des légendes creata da Eric Rochant con Mathieu Kassovitz, The Fall 3 creata da Allan Cubitt con Gillian Anderson e John Lynch, Quarry, creata da Graham Gordy e Michael D. Fuller, The Killing Season creata da Alex Gibney.

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